ADHD e compiti a casa. In questo articolo voglio trattare l’interessante e difficile questione dei compiti pomeridiani per bambini e ragazzi con ADHD. ADHD è l’acronimo di Attention Deficit Hyperactivity Disorder, in italiano: Disturbo da Deficit di attenzione e iperattività. Se ti interessa approfondire cosa è questa problematica clicca qui (link a pagina sito).
Quando incontro i genitori, una delle domande più comuni su questo argomento è:
“Come posso fare a far fare i compiti a mio figlio? Lui non ne vuole proprio sapere, dice di essere stanco, rimanda continuamente l’inizio… e poi sul diario non c’è mai scritto niente e quel poco che c’è è incomprensibile. E’ orribile il pomeriggio a casa nostra, e sono molto preoccupato che questo rovini sempre di più il nostro rapporto. Non ce la faccio più!”.
Spesso tocca alle mamme l’arduo dovere di aiutare nello svolgimento dei compiti i propri figli che spesso fanno di tutto per evitare di impegnarsi, mettendo in atto comportamenti di fuga, di distrazione, di provocazione, di insofferenza o di disubbidienza. Questo provoca nelle mamme un grande senso di frustrazione, di mancanza di autorevolezza o spesso di impotenza: non riuscire nel portare a termine i compiti non è più un fallimento degli alunni ma spesso viene intrepretato dai genitori come un insuccesso personale. Inoltre a livello emotivo ci possono essere vissuti di rabbia nei confronti dei propri figli ed episodi ricorrenti di sgridate o punizioni che però spesso non sono efficaci nel cambiare i comportamenti e gli atteggiamenti dei ragazzi/bambini.
E i ragazzi? Come vivono loro il momento dei compiti?
“I compiti sono noiosi, inutili. Io sono stanco il pomeriggio, ho già lavorato a scuola e non capisco proprio perché devo continuare anche a casa. Io ho diritto a riposare. Solo un pochino e poi inizio, guardo solo un pò di tv o gioco un po’ alla Play e poi vado… e poi a dirla tutta non ho quasi niente per domani e poi l’insegnante di italiano non li controlla quasi mai i compiti. Cosa li faccio a fare?”
Disinteressati, facilmente affaticabili, pieni di buone ragioni per non impegnarsi in attività che richiedano impegno mentale, sempre pronti a fare pause interminabili, polemici… ecco alcune caratteristiche che i bambini/ragazzi con Adhd sfoderano nel momento in cui devono approcciarsi ai compiti pomeridiani.
I compiti pomeridiani sono un’occasione di lavoro che normalmente dovrebbero permettere di integrare le proposte scolastiche, offrendo a ogni alunno tempi e spazi di riflessione personale utili a potenziare le competenze apprese o in via di consolidamento. Secondo gli insegnanti sono un’occasione per sollecitare l’autonomia degli studenti, un banco di prova per promuovere la tenuta attentiva, la competenza organizzativa e l’abilità di pianificazione delle diverse attività. Gli obiettivi sono:
GLI OBIETTIVI PRIMARI
GLI OBIETTIVI SECONDARI
In teoria i compiti sono l’occasione per confrontarsi quotidianamente con le proprie difficoltà o i propri limiti e scoprire che i risultati dipendono non solo dalle attitudini personali ma dall’impegno assiduo, dalla motivazione e dalla fiducia nelle proprie conoscenze e competenze.
In pratica negli alunni con Adhd i fallimenti ripetuti risultano frequenti, umilianti, frustranti e demotivanti e i compiti diventano un’esperienza che suscita disagio di fronte ai quali non hanno strategie funzionali. Così le loro aspettative di successo diminuiscono e attribuiscono i rari successi a cause fortuite ESTERNE a loro, mentre attribuiscono i frequenti insuccessi a cause INTERNE, cioè alla loro incompetenza. Seligman (1975) descrive la condizione appena descritta come “IMPOTENZA APPRESA”. Se proviamo a metterci nei panni di un bambino con Adhd non ci risulterà più così difficile capire perché si rifiutano ostinatamente di affrontare i compiti pomeridiani.
Allora cosa fare per facilitare il miglioramento nell’esecuzione dei compiti e quindi la generazione di pomeriggi più sereni e concilianti?
Gli alunni Adhd hanno bisogno di adulti che si pongano nei loro confronti come una sorta di “protesi”, cioè che fornisca sostegno rispetto all’utilizzo di strategie e supervisione sugli aspetti organizzativi e sui risultati. Ricordiamo che le persone con Adhd hanno un deficit delle funzioni esecutive, quindi faticano nel pianificare azioni per raggiungere un obiettivo. Quindi l’adulto che deve affiancare il bambino Adhd deve:
La domanda corretta da porre ora è: chi può fornire questo supporto al bambino? E’ giusto che sia la mamma? O dovrebbe essere un’altra persona, educatore o insegnante? Non c’è una risposta univoca a questo quesito, ma dovrebbe trattarsi di una persona che si impegni a mettere in atto delle strategie specifiche, in modo constante e programmato, senza mettere in discussione la relazione positiva con il bambino, nemmeno di fronte ai suoi comportamenti problematici. Alcuni genitori riescono in questo, altri fanno più fatica e per questo sarebbe bene in questi ultimi casi affidare ad un’altra persona l’incarico di aiuto compiti. Ci sono tra i professionisti figure specializzate su questo, gli “homework tutor”, oppure è possibile richiedere allo specialista che ha in carico il bambino con Adhd di offrire una supervisione ad un educatore di fiducia della famiglia.
Per portare un bambino/ragazzo con Adhd ad impegnarsi nei compiti e diventare sempre più autonomo bisogna insegnare strategie per:
In sintesi creare routines riguardo l’organizzazione dello spazio, del tempo, l’analisi del compito e la fase di autovalutazione, in modo da compensare le proprie carenze a livello attentivo e di pianificazione.
In questo articolo mi soffermo su spazio e tempo e in un prossimo parlerò di analisi del compito e autovalutazione.
Per quanto riguarda lo SPAZIO è bene scegliere un luogo “fisso” per lo svolgimento dei compiti, in una stanza il più possibile priva di stimoli distraenti, ordinata, con una buona illuminazione, senza eccessivi rumori o viavai di persone. La scrivania deve essere ben organizzata con strumenti a portata di mano che possano aiutare l’organizzazione (es. Orologio a muro, Calendario, Lavagnetta, Portadocumenti da parete, striscia su cui poter attaccare biglietti vari) e priva invece di oggetti inutili, non funzionali ai compiti. Il pc o gli altri strumenti elettronici devono essere fuori dalla portata del bambino/ragazzo e usati solo nei momenti concordato con l’adulto e non lasciati liberamente a disposizione. E’ possibile alzarsi di tanto in tanto ma la frequenza e le modalità vanno concordate.
Il TEMPO va bene organizzato. Scegliere gli orari di inizio e di fine dei compiti e usare orologi, sveglie o timer per ricordarli al bambino: questi strumenti possono pian piano migliorare le autonomie dei ragazzi che non avranno più bisogno di un adulto che ricordi gli orari. Vanno però accompagnati ad usarli anche autonomamente e a notare i vantaggi del loro utilizzo (maggiore prevedibilità, maggiore puntualità, autonomia, successo…). Inoltre è bene insegnare a costruire un PROGRAMMA SCRITTO del pomeriggio con tutti i compiti da portare a termine con i relativi orari, in seguito ad un’analisi del diario e a una stima dei tempi di esecuzione. Le persone con Adhd hanno molta difficoltà a stimare i tempi quindi inizialmente vanno aiutate a ipotizzare e poi verificare l’effettiva durata di un compito svolto (segno il tempo di inizio e di fine: quanto tempo? La tua stima era realistica?). Un altro strumento importante è il calendario settimanale da lunedì a domenica, con la scansione delle ore e spazi sufficienti per scrivere o attaccare post it. E’ bene usarlo per insegnare a programmare una suddivisione dei compiti nei vari pomeriggi in base alla quantità di compiti o agli altri impegni pomeridiani: questo aiuta a migliorare la pianificazione della settimana, a evitare di ridursi all’ultimo momento per svolgere compiti molto lunghi o impegnativi e ad esercitarsi su una visione meno centrata sul presente ma su obiettivi e medio e lungo termine.
Ecco un esempio tratto da “ADHD E COMPITI A CASA” di Daffi e Prandolini (2013):